“Nat, adesso torni indietro e prendi anche l’annaffiatoio”
Il martedì dopo Pasqua sono andata all’Ikea, dopo 6 giorni in cui ho dormito, in media, 5 ore. Ci sono andata quel giorno – che mi ero presa di pausa - perché non avrei saputo quando altro andarci, nei tre seguenti weekend.
Sarò impopolare, ma a me andare all’Ikea non piace: la trovo piena di suoni e di colori e di rumori e di gente.
Sto diventando misantropa? Forse sì, o forse sono troppo esposta a stimoli, o magari è che mi sono scoperta dentro il gruppo delle “persone altamente sensibili” e ho capito che rumori, suoni e sonno hanno una grandeinfluenza su di me.
Non volevo andare all’Ikea, eppure l’ho fatto: con profitto e efficienza, come spesso mi accade: ho scelto 9 differenti oggetti in un’ora e mezza, seguendo la mia lista, lamentandomi con me stessa dei 20 minuti che sono stati necessari, di attesa al customer service, per fare un reso.
“Nat, adesso torni indietro e prendi anche l’innaffiatoio”.
Me l’ha detto la mia vocina interiore, mentre mi saliva la rabbia, al 18 simo minuto in fila.
L’annaffiatoio non era necessario: è bianco, piccolino, con un manico dorato. Ne avevo sempre notato uno simile a casa della mia amica Sofia. Quando le avevo commentato, ormai tre anni fa, quanto carino fosse, lei – una delle persone più pragmatiche che conosco – mi aveva spiegato come dare l’acqua alle sue piante (bellissime, di cui molte con un nome che ha scelto lei), fosse per lei un momento di self-care, qualcosa di rilassante da fare una volta a settimana.
Sono tornata a casa carica di buste quel martedì, avendo impiegato l’intero pomeriggio, con più di un’ora di viaggio all’andata e al ritorno.
I giorni successivi sono stati difficili, mi sono trovata sfinita e con troppo stress.
L’ annaffiatoio, però, ora troneggia su una delle mie mensole, l’ho usato domenica sera per dare l’acqua al mio potus, alla pianta grassa, alla pianta alta e a quella viola. Prima o poi darò loro anche dei nomi, ma intanto è stato uno dei passi che ho fatto per dare il là a un ritorno al self- care: il meal prep, spegnere il computer alle 10 di sera, fare yoga prima di addormentarmi.
Adesso sto meglio, grazie a una persona e un percorso: Verusca e l’Accademia della felicità. Domani, anche se qui festa non è, ho bloccato il mio calendario per farmi una passeggiata a Richmond.
Prima di questo 1 Maggio di pausa, ti lascio con una domanda: a che punto è il self-care?
Con affetto,
E poi:
🌱 Una persona: Verusca, la mia coach dell’Accademia della Felicità
🌀 Qualcosa da esplorare: le persone altamente sensibili
🧘♀️ Un esercizio: lo yoga della sera, 7 minuti con Adriene
💧 Una nuova abitudine: hai mai pensato a dare l’acqua alle piante come a un rituale di self-care?
Il mio compagno, felice annaffiatore di piante sul terrazzino, prima di partire per 2 settimane, mi fa: "Mi raccomando amore, ricordati di annaffiare le piante!". Nel mio stato di "green laziness", pensavo che avrei annaffiato le piante "per lui", ma dopo averti letta, Natalia, lo farò come atto di "self care" tutto per me - col mio piccolo annaffiatoio verde :)
PS: agli ipersensibili, consiglio il libro "Tutto tanto sempre" di Nicoletta Travaini - una svolta!!!
Assolutamente!